Come ridurre il rischio con la formazione in realtà virtuale
Prevenire è meglio che curare.
Una delle difficoltà che molto spesso incontrano i responsabili di formazione, produzione, risorse umane e sicurezza è quella di rendere pienamente consapevole e responsabilizzato il personale rispetto al rischio correlato a situazioni di pericolo che non possono essere riprodotte nella realtà.
Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’INAIL tra gennaio e novembre 2020 sono state 492.150, 1.151 delle quali con esito mortale (+15,4% rispetto al 2019).
Ma quando parliamo di formazione in ambito lavorativo, non ci riferiamo solo ai casi di infortunio. Oltre alla difficoltà di educare gli operai al corretto utilizzo di macchinari pericolosi come le presse industriali, a quella di istruire gli addetti alla manutenzione stradale, gli artificieri o le squadre di soccorso, pensiamo anche, per esempio, alla complessità di formare preventivamente medici, chirurghi, piloti e autisti.
In generale, facciamo riferimento a tutti quei casi in cui è necessario generare una situazione di pericolo per trasmettere la consapevolezza che un errore può avere conseguenze gravi al punto da mettere a repentaglio il dono più prezioso: la vita. Questi sono solo alcuni esempi, che fanno riferimento a contesti molto differenti tra loro ma per cui la problematica evidenziata è la medesima: la formazione passiva e l’immaginazione non sono sufficienti a farne comprendere la pericolosità.
Troppo spesso si parla di “sicurezza” e “formazione” come se fossero una la conseguenza dell’altra, ma i tristi numeri forniti dall’INAIL dimostrano che non sempre fare formazione è sufficiente ad evitare l’errore.
Sappiamo bene che l’unica soluzione rispetto a tanti mali del nostro tempo è la prevenzione e, in questo caso, formare vuol dire prevenire. Non abbiamo strumenti alternativi all’”educare” per scongiurare il peggio e, per questo motivo, asserire che la formazione non è sufficiente costituisce a tutti gli effetti una resa. Proviamo piuttosto ad investigare sul perché la formazione non funziona e se è possibile sfruttare le nuove tecnologie per renderla più efficace.
Con immensa gioia, possiamo già affermare che sì, esistono tecnologie in grado di rafforzare la formazione e di ridurre drasticamente gli incidenti sul lavoro, ma è importante comprenderne il perchè: per essere efficace, la formazione deve essere “incisiva” e per farlo deve poter impressionare e, in un certo qual modo, far pre-esperire, in condizioni di assoluta sicurezza, le fatali conseguenze di un comportamento scorretto. Le nuove tecnologie consentono ciò.
Non c’è nulla di più vero del vecchio detto “sbagliando si impara” e la scienza non ha fatto altro che legittimare la saggezza dei nostri nonni, riconoscendo formalmente che per apprendere correttamente è necessario esperire.
"Active learning” e “learning by doing”: quante volte abbiamo sentito queste espressioni?
Esse fanno tutte riferimento ad un modo di apprendere basato sul coinvolgimento e sullo stimolare la curiosità del discente che, letteralmente, “impara in modo attivo” ed “impara facendo”.
La realtà virtuale è una tecnologia immersiva estremamente innovativa che consente di replicare il concetto di “presenza fisica”.
Lo fa simulando scenari verosimili ricostruiti per mezzo della modellazione 3D, con cui l’utente interagisce in maniera attiva, semplicemente indossando un visore capace di scansionare i movimenti che egli compie nell’ambiente reale per trasferirli in quello virtuale. Pensiamo quindi alla possibilità di poter simulare virtualmente situazioni che nella realtà sarebbero altamente pericolose, di poter esperire l’incidente nel modo quanto più simile al reale e, ciò che più conta, di poterlo fare restando illesi o senza causare danni a terzi.
La formazione può quindi essere vissuta non più come uno strumento costrittivo ma come uno stimolo assolutamente interessante e da cogliere.
L’ambiente virtuale consente lo sbaglio, permettendo di trasformarlo in apprendimento e andando a ridurre così la probabilità di errore nel mondo reale.
I vantaggi della realtà virtuale per l’apprendimento sono dimostrati.
Difatti, in virtù del notevole grado di immersività che la caratterizza, dovuto all’elevato coinvolgimento sensoriale, essa influenza tre aree del cervello responsabili di percezioni e reazioni. Il risultato è che le esperienze restano impresse nella mente di chi le vive.
Emblematico è il caso di un progetto in virtual reality volto a formare gli operatori sulla catena di montaggio di una importante casa automobilistica. È possibile vedere gli addetti indossare il visore, svolgere virtualmente l’esperienza di training sull’assemblaggio delle componenti di un’auto in catena di montaggio ma soprattutto, è possibile vederli letteralmente balzare all’indietro ogni qualvolta incorrano in un’operazione non autorizzata ed imprudente che, se compiuta nel mondo reale, causerebbe quanto meno una collisione fisica dell’operatore con il macchinario. Insomma, gli addetti all'assemblaggio saranno sicuramente molto più vigili e consapevoli del pericolo in cui incorrono quando si troveranno ad operare direttamente in catena di montaggio. Si tratta oltretutto di una consapevolezza provata e verificata, dal momento che al termine dell’esperienza di training è possibile effettuare un test di comprensione.
Il tema dell’azzeramento del rischio è preminente, ma adottare la realtà virtuale a tale scopo porta con sè altri benefici non di poco conto, per quanto secondari. Difatti, i vantaggi a livello di tempi e costi impiegati a formare gli operatori sono notevoli e soprattutto misurabili. Utilizzare i visori VR consente infatti di formare più persone allo stesso tempo e soprattutto, permette di sviluppare contenuti standardizzati, che consentono all’utente di approfondire la formazione in maniera autonoma, anche da remoto.
In conclusione, il vero apporto della realtà virtuale alla diminuzione del rischio sta nella sua capacità di stimolare la voglia degli individui a formarsi. La volontà è difatti alla base di ogni nostra azione e la VR ha una nobile missione in questo senso: coinvolgere per invogliare ad aver a cuore la propria vita e quella di coloro verso cui, per mezzo del nostro lavoro, siamo responsabili ogni giorno.
Fonti: INAIL - Infortuni e malattie professionali: i dati dei primi 11 mesi del 2020